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Da “La scuola cattolica” alla scuola di Amici

Perché un 17enne dovrebbe guardare il film italiano più discusso del momento

di Matteo Merlotti

La nuova pellicola di Stefano Mordini che racconta una delle pagine più buie della cronaca italiana, il massacro del Circeo, è stata vietata ai minori di 18 anni. Certi che un genitore non porterebbe mai i propri figlioletti a guardare questa storia vera di violenza invece del nuovo film di Paw Patrol, vediamo perché, invece, a un 17enne farebbe bene.

“Per subire il male, ci sarà pur bisogno di qualcuno che lo commetta”

Partiamo dalla sentenza del Ministero della Cultura, secondo cui, riporta Il Fatto, la pellicola “presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice”. Questo è, in effetti, il senso del discorso di un professore ai protagonisti. Il delirante sermone sul “fare del male” come condizione ontologica dell’Uomo viene interrotto e criticato da uno degli studenti, Gioacchino, che poco dopo fermerà un gruppo di compagni mentre prendono a cinghiate uno “spione” con il resto della classe che rimane a guardare. Gioacchino è la voce del regista, l’assordante silenzio del branco è il punto del discorso.

“I ragazzi faranno i ragazzi, una mandria di teste di cazzo”

Un discorso che i giovani di oggi hanno tutti gli strumenti per capire, perché mosaico di situazioni che un adolescente vive ogni giorno – e che qui vengono mostrate attraverso la lente di una storia cruda, crudele, “di deformazione” (Artribune). Ha come protagonisti i figli borghesi del ’68, una leva lasciata crescere senza regole (o per lo meno senza conseguenze). Sono nel pieno dell’adolescenza e la vivono seguendo dinamiche che non sfigurerebbero in un sequel del Signore delle mosche: è la legge del più forte, nel percepito comune sinonimo di “Maschio”. Devi dimostrare di esserlo, e sei continuamente chiamato a farlo agli occhi del branco per non rimanerne ostracizzato e/o vittima. Chiavi di volta: la sessualità, repressa in nome di un pudore dogmatico che diventa sfogo carnale appena gli adulti guardano dall’altra parte, e la donna, da soggiogare per realizzarsi come Maschio. Il film mostra situazioni ancora attuali, che oggi si sono diramate in diverse sfumature – dal “cat calling” al “se ti vesti così te lo meriti” – senza però risultare meno odiose.

“Net zero bla bla bla, climate neutral bla bla bla”

La sentenza del Ministero riecheggia della tendenza a escludere i giovani anche dai discorsi che li riguardano profondamente, diffusa nel “mondo dei Grandi”. Grandi che invitano Greta Thunberg a proporre delle soluzioni invece di gridare il proprio dissenso – poi ci spiegassero cosa dovrebbe fare una 18enne se non denunciare il mondo al collasso che le (ci) hanno lasciato – forse perché credono la sua generazione capace solo di inventarsi nuovi balletti. Ignorano che oggi su TikTok un adolescente può, ad esempio, imparare le lingue e a trovare un lavoro, o anche contribuire a risolvere un caso di attualità. Però va detto: non tutti i Grandi ragionano così, c’è anche chi (da anni) cerca di dare ai più giovani uno spazio per esprimersi. Pensiamo al lavoro di Maria De Filippi con Amici, che, nonostante qualche neo – cosa ci fa Emanuele di Savoia tra i giudici? – mostra a milioni di italiani un gruppo di talenti grezzi mentre crescono senza necessariamente perdere una propria individualità creativa. L’edizione di quest’anno ha fornito un quadro più che esaustivo delle nuove consapevolezze affiorate nella cultura pop, tra discorsi aperti (come è giusto) sull’omosessualità e un Sangiovanni che, oltre a possedere una forte identità artistica da cui sono scaturiti tanti tormentoni quanti imitatori, ha primeggiato fra i cantanti sfoggiando delle stilose unghie tinte. Un quadro che i ragazzi di oggi sono in grado di comprendere meglio di quanto gli adulti possano immaginare, perché dipinto dagli artisti che hanno ogni giorno in cuffia: dai discorsi di Mahmood sul coming out alle orecchie da gatto di Massimo Pericolo.

“Cancella col coraggio quella supplica dagli occhi”

Un 17enne dovrebbe guardare “La scuola cattolica” perché è un film che parla di giovani, alcuni dei quali minorenni, interpretato da giovani, alcuni dei quali già tra le nuove promesse dello star system italiano, che vuole dare un messaggio ai giovani. Vuole calarli nella cruda realtà della tragedia, perché, una volta dentro, realizzino che le dinamiche per cui “dei ragazzi un po’ scapestrati” possono dimostrarsi “feroci assassini” non sono poi così distanti da quelle di una classe moderna. Non prendiamoci in giro: gli adolescenti di oggi si scontrano ancora troppo spesso con i “non fare la spia” e i “non mi piace il cazzo”, ogni giorno. E questo film serve proprio a vedere dove questa cultura tossica può portare (anzi dove ha portato, è un fatto di cronaca), ma anche a prendere consapevolezza di quanto le scelte del singolo siano decisive: non tutti i ragazzi di quella classe sono diventati stupratori assassini. Serve a confermare che ci sono, in effetti, “cose più grandi di te“, ma possiamo ogni giorno fare la nostra parte per abbatterle – ad esempio portandole in prima serata.

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